di Guido - 2011, ovvero la mia prima volta con "a fior d’acqua"
Spedizione in Bosnia e Croazia 2011, quest’anno ci vado, cascasse il mondo ci vado. E’ da un paio d’anni che ci penso, ma per impegni familiari e di Club ho sempre rinunciato. Ho visto immagini di siti e fiumi bellissimi e Moreno conosce i luoghi meglio di Casteldebole, convinco Cristina e si parte! I figli sono sistemati, entrambi impegnati con la canoa, gara del Reno e Coppa Italia di polo già fatte, il tempo sarà bello, cosa vuoi di più. Anche perché, a forza di parlare/organizzare/gestire mi sa che ho inventato una nuova specialità, la “burocanoa”, cioè la canoa burocratica… è ora che ricominci a divertirmi anch’io!

Non siamo allenatissimi, anzi per niente, e veniamo entrambi da malanni pesanti alle spalle dell’anno scorso (Cristina frattura del collo dell’omero e del trachite, a me si sta staccando il sopraspinato), ma confidiamo nell’esperienza. Che canoa prendo… servirebbe una canoa da torrente, ma anche una doppia da mare per un tratto dello Zrmania. Topo 2, deciso, così anche Cristina non farà da spettatrice. Dove andiamo di preciso non lo so, per una volta farò da turista “guidato”, ho letto il programma di Moreno, ma ‘sti paesini su google maps proprio non li trovo.

Si parte mercoledì mattina e la carovana dei camper e furgone del Club raggiunge Trieste e la Slovenia; passato il confine ristoro a fior d’acqua e poi via verso Rieka (la vecchia Fiume italiana), in Croazia. Lasciamo l’autostrada e via per la Bosnia, destinazione Kulen Vakuf, un paesotto sull’Una, che sembra una parolaccia. Arriviamo in serata, la strada è lunga e perdiamo tempo in frontiera a dichiarare le canoe: entrare è facile, ma in uscita potrebbero rompere le scatole. Si vede ancora qualche casa crivellata dai proiettili, con persone che ci abitano tranquillamente.

Pensione Saraj, con ampio parcheggio, sigh! Moreno ha ordinato la trota! Dove se non qui, che vengono dal mondo intero per pescarle. Sorpresa, la trota è diventata una improbabile cotoletta riscaldata, ma non impanata: sembrava una fetta di carne ricoperta da una frittata. Il tutto preceduto da una minestrina locale con verdure, pastina e misteriose palline di carne… noi occidentali abbiamo dimenticato la povertà. E qui lo sono, poveri, dignitosi, ma sempre poveri.

Ci avventuriamo in paese, è tutto buio; il minareto svetta e un paio di improbabili locali sono aperti. Siamo intimoriti, non conosciamo il posto, le donne potranno entrare… Elisa, con piglio esplorativo, entra e noi dietro. Posto piccolo, buio, sporco e fumoso (qui non c’è il divieto) con qualche ragazzotto alticcio e un rock/country locale a palla. Nessuno dice niente, ordiniamo la slivovitz e paghiamo in euro, qui in culo al mondo. La grappa è buona, altro giro e poi a nanna.

Ci svegliamo con Paola che cazzia Pier non ancora operativo! Moreno non sta bene, febbre alta tutta la notte, mal di gole ecc. Inizia la cura, di tutto e di più, questo ogni 6 ore, questo ogni due, le caramelle, il tutto gestito da Elisa… Azz! Perdere la guida il primo giorno!? Breafing del gruppo per decidere imbarco, sbarco, recupero, dove si mangia, tutto all’insegna della massima democrazia, ma anche della massima confusione: il breafing sarà uno dei leitmotiv della vacanza, se ne terranno almeno 4 al giorno, più o meno come gli antibiotici assunti da Moreno.

Si va, imbarco a Martin Brod e arrivo alla pensione. Risaliamo l’Una, su un tratto sterrato, e arriviamo ad minuscolo paesino di contadini, dove inizia il tratto navigabile. Posto spettacolare: cascate e cascatelle, acqua verde, azzurra e turchese, una favola. Si va, c’è qualche rapida, massimo di 2° grado, ma il fiume è largo e non ci sono problemi; il tutto immerso in un paesaggio agreste, verde, verdissimo, alberi, prati e pecore. “Beppeeeeee!!!!” (pronunciatelo due ottave sopra la norma). Nonostante la facilità del fiume, ad ogni curva, ad ogni onda, Elisa invoca il suo mentore canoistico… secondo leitmotiv del viaggio, urlato, ogni 10/15 minuti, durante le discese.

Moreno ci segue amorevolmente con il furgone, salutandoci ad ogni curva e nel primo pomeriggio siamo all’arrivo. Moreno ha ordinato un po’ di omelette, giusto per integrare le riserve portate dall’Italia. Arriva invece un pranzo completo: solita minestrina e un specie di cacciatora di pollo. Ma non avevi ordinato le omelette? “Gli ho detto uova, nella loro lingua, è ho fatto il segno di rimescolarle” risponde Moreno. Forse qui è nata prima la gallina…o il vocabolario di Moreno non è aggiornato. La Pearson si distingue per l’utilizzo di un bicchiere da birra (media) per bere il vino, che riempie sempre sino all’orlo, però con signorilità tutta british.

Nel pomeriggio giro turistico guidati da Moreno: e qui c’è una sorgente e qui c’è questo e qui c’è quello, ripeto, come se si aggirasse per Borgo Panigale. Via per la campagna, fortezze ottomane, campicelli lavorati con la zappa, gente che spacca la legna per il riscaldamento, contadini affabili che salutano e vogliono comunicare. Come dicevo, poveri ma dignitosi. Alla luce del giorno vediamo ancora tante case bruciate e abbandonate, ricordo della guerra del ’91, i tanti cimiteri e in paese un monumento a ricordo delle tante vittime: solo uomini, dai 15 ai 40 anni, agghiacciante. Qui il fiume segna il confine tra Croazia e Bosnia e bastava attraversarlo per iniziare a macellare questa gente inerme; per cosa poi, non c’è nulla, niente fabbriche, niente infrastrutture, solo dei miseri campi ed una economia di sopravvivenza.

Ma il turista incalza a Moreno ci porta a vedere le cascate dell’Una, anche queste meravigliose. Serata a Primac, sempre sull’Una. Cascate e cascatelle e ristorante con veranda sul fiume… romanticissimo! Qui, scatta la trota. Un po’ di difficoltà con il cameriere (quasi nessuno parla inglese) per capire la differenza tra due tipi di calamari e con Luciana che fa un po’ di fichi, poi si mangia. La trota (le trote, 2 piccole a testa) è squisita e disliscata, la birra indigena ottima; una portata a testa (guarnita con contorni) bevande varie, cinque porzioni di calamari alla griglia, in dodici abbiamo speso una decina di euro a testa e in un ristorante fico!

La mattina si parte per scendere un altro tratto dell’Una, non chiedetemi dove. Posso solo dirvi che era un po’ più impegnativo, con alberi e cespugli in mezzo, sempre molto largo e bellissimo, anche se un po’ di sozzeria antropica si percepiva. “Beppeeeeee!!!!”. Visto l’aumento di difficoltà convinciamo Daniele (Fattori) a tradire l’amata Taifun Slalom per una più performante e voluminosa canoa corta: percorso netto, ma l’interessato afferma che un 4/5 bagni, con l’altra canoa, li avrebbe fatti volentieri… non dello steso parere chi lo avrebbe dovuto recuperare. Al briefing avevo capito che il tratto era assai lungo e mi ero procurato viveri per la truppa; utilizzati, ma non servivano, il tratto era stato accorciato (dovrò stare più attento!).

Quindi via per la Croazia. Si sale e vediamo l’Una in una profonda gola. La ammiriamo per benino, perché in frontiera i Croati ci tengono fermi 10/15 minuti per ogni mezzo. La poliziotta esce dal casotto, prende documenti e carta verde e rientra. Cosa fa non si sa, esce e restituisce i documenti, imperturbabile davanti alla nostra fretta di raggiungere la meta. Morale, perdiamo un’ora abbondante. Si riparte, saliamo per strade di montagna interminabili e scolliniamo su un altopiano semidesertico, l’attraversiamo tutto e via verso Obrovac ed il suo mare interno. In tarda serata arriviamo da Tisno, l’albergo/ristorante dove faremo base. Sul posto, ad attenderci, Marcone, con una brigata di donne: Valeria, Mapi e tal Antonella, conoscente di Moreno… non oso immaginare il viaggio.

Mare grande, mare piccolo, mare interno, mare esterno… ma mare, quindi pesce, pesce di mare! Si tratta con il proprietario, un ustascia che stazza sui 130/140 kg.; gli anni passati c’è stata qualche lamentela sulle quantità… pare sia un po’ ”filone”. Bene, 20 euro: impepata di cozze (locali, del mare interno e quindi meno salate), pesce alla griglia (branzini e orate, ma d’allevamento) e un po’ di calamari fritti, come sfizio; insalata mista e grappa. Il vino lo mettiamo noi e Moreno in particolare (gira con i bottiglioni da 2 litri). Si può fare ma, visto che le cozze costano niente, il pesce è uno testa (d’allevamento) e il vino lo mettiamo noi, non è una gran bazza.

Il Vicepresidente lamenta il fatto; unito all’asse del water ancora rotto dall’anno scorso, al prosciutto e formaggio della colazione con fette incurvate dall’età, dice che qui non ci viene più. Serata con dolcetti acquistati in patria e poi a nanna. Con i camper parcheggiamo in spiaggia, in riva al mare (interno). C’è un sinistro cartello di divieto di sosta che non promette niente di buono, in mezzo ad alcuni alberini piantati di recente (assente in passato). La mattina dopo, infatti, un indigeno mi infama e, anche se non parlo il croato, capisco benissimo che lì non possiamo stare.

Briefing e via per le gole basse dello Zrmania. E’ il tratto che temo, fiume di pianura che arriva al mare, senza corrente e con la famigerata Topo 2. Sto attento, ma le decisioni mutano vorticosamente: malauguratamente capisco che sono solo una decina di chilometri. Tutto qui? Prendo una bottiglia d’acqua e partiamo. Teniamo il ritmo delle Oasis doppie e in breve raggiungiamo una cascata alta circa 3 metri, “Beppeeeeee!!!!”, larga come tutto fiume. Trasbordo per i più e salto con imbarco svizzero, in Topo 2, per i tosti: è quasi un anno che non faccio niente ma, in coppia con Kanf, mi butto (però sto dietro).

In breve raggiungiamo Obrovac, cittadina orrenda, moderna, che si snoda in riva al fiume. Moreno, che non sta ancora bene, ci accoglie all’inizio del paese e ci dice che siamo in ritardo… Come, dico io, avremo pur fatto 3 o 4 km., siamo quasi a metà! Seee, dice Moreno, ci sono 2 km. di paese, una decina di gole e 2/3 di mare, sperando che non si alzi la marea e non tiri vento. E i 10 chilometri? Sono quelli delle gole, se ci imbarcavamo a fine paese. M+-+a, non sono stato abbastanza attento. Sono stanco, la spalla mi fa un po’ male, ma ripartiamo. Finisce il paese e iniziano gole, meno male che è un po’ nuvolo, se no c’era da cuocersi. Dai Cri, forza, tieni il ritmo, se sei stanca fermati che continuo io, ma non facciamo fermare questa fottutissima supposta di canoa, che farla ripartire è un’impresa titanica. “Beppeeeeee!!!!”. Le gole intanto si alzano selvagge intorno a noi: il colore varia dal giallo tenue al rosato e contrastano con l’acqua di un azzurro che fa male agli occhi. Non ci sono alberi e la poca vegetazione è costituita da un erba alta che cresce nelle anse del fiume riempite dai depositi alluvionali.

Dai e dai, ma la fine non arriva mai, le pareti diminuiscono di altezza, ma dopo una curva ce n’è sempre un’altra e il mare non si vede (mi ricorda il tratto finale dell’Ardeche con la gonfiabile! Sembrava in salita!). Non si vede, ma si sente, la marea sale e, se non pagai, risali il fiume. L’acqua sta finendo, la birra l’abbiamo finita da un pezzo, e finalmente appare il mare. Interno, sì, ma le onde sono da mare esterno! “Beppeeeeee!!!!”. Mentre veniamo raggiunti e superati dalle Oasis, la Topo 2 rolla e beccheggia che è un piacere. Dopo 4/5 ore, avevo perso la cognizione del tempo, approdiamo, sono esausto. Non era nelle mie possibilità, se lo avessi saputo prima avrei rinunciato (o forse mi sarei imbarcato dopo il paese!).

Sulla riva del mare (interno), Moreno, intanto, ha imbandito il desco per una frugale merenda: salumi vari, prosciutto, formaggi, olive, insalata, birra, vino e ancora birra e vino! Ma tra tre ore si va a tavola… c’è di nuovo il pesce (di mare, interno). Niente, il branco si scatena attorno alle vivande e alcune signore in particolare mettono a frutto l’allenamento mandibolare fatto durante l’anno ai mercoledì del fior d’acqua…delle vere scofanate!

Per digerire la merendina, Moreno ci accompagna a vedere nell’ordine: a) una sorgente minerale presso un paesuncolo dove, in un improbabile bar, alcuni locals giocano a carte e bevono birra, incuranti dei cartelli di “Danger” che segnalano la presenza di mine e proiettili inesplosi. Moreno rassicura, prima hanno fatto passare le mucche, poi le pecore e poi sono passati loro, non c’è pericolo. Se lo dice lui, io sto comunque sulla cavedagna. b) monastero serbo, sempre chiuso negli anni passati, isolato in mezzo alla boscaglia che circonda la forra dove scorre lo Zrmania. E, miracolo, un monaco apre la porta e ci fa entrare. Vive lì con l’anziana madre, una suora è morta l’anno scorso, e ha voglia di parlare (te lo credo): ci fa visitare la chiesa, illustra gli affreschi, le icone, insomma ci attacca una pezza che non finisce mai… La Pearson, affascinata dal barbuto frate e dal luogo isolato e verdeggiante, manifesta propositi matrimoniali nei confronti dell’eremita. Ma è ora di cena e il pesce di mare (interno) di Tisno ci aspetta: menu fotocopia della sera precedente e tutti a nanna.

Il giorno dopo ci attende il tratto alto dello Zrmania, altre gole, ma queste sono mosse, si può arrivare al 2° e 3°, dipende dal livello dell’acqua. Ci affibbiano una guida alla base rafting, obbligatoria, a pagamento chiaramente, che scende senza casco su una canoetta gonfiabile da mare e si va. Moreno sta meglio e scende, finalmente.

Valeria è in singola, il viso è tirato: sarà stato il pesce di mare (interno) o le libagioni con il vino di Moreno della serata precedente, sono le grida dell’Antonella che non sta mai zitta o la tensione per la discesa. “Beppeeeeee!!!!”. Percepisco che non è a suo agio. Il branco scende a macchia di leopardo (o a membro di segugio), come sempre, e lei è smarrita in questo bailame di gente, più o meno capace, che si scalda, traghetta, entra ed esce dalle morte. Allontano tutti e la prendo a mano: qualche esercizio, le trottole, un paio di traghetti e si rasserena.

Il fiume è splendido, incassato in una gola, con le rive ricchissime di vegetazione: procediamo tra tratti piatti e con corrente veloce intervallati da piccoli dislivelli. Tutto fattibile in tranquillità, ma se ci fosse più acqua sarebbero dei terzi. Arriviamo alla confluenza con il Krupa, affluente vietato alla navigazione, in quanto riserva naturale. Uno spettacolo, lo risaliamo per qualche centinaio di metri sino alla prima cascata, dove i tosti si esibiscono su un passaggio/scivolo/salto di circa tre metri. “Beppeeeeee!!!!”.

Riprendiamo la discesa e compare il sole e arriviamo ad una cascata a ferro di cavallo che occupa tutto il letto del fiume, alta circa 15 metri, uno spettacolo della natura!. Trasbordo obbligatorio e abbastanza impegnativo.

Di scivolo in scivolo, tra pareti a picco e colori mozzafiato proseguiamo lungo le gole.

Poi, eccoci al passaggio chiave dello Zrmania. Una formazione rocciosa a sinistra stringe tutto il fiume sulla destra, l’acqua è bianca e rumoreggia: il dislivello è sui tre metri, spalmato su uno scivolo, non un vero e proprio salto. E’ un passaggio di terzo, non difficile, basta andare dritto. Molti trasbordano, ma Tarcio apre le danze e si butta. Seguono Roberto, Marcone, Daniele, Moreno e Kanf.

Tocca a me. Carico Elisa, smaniosa di provare l’ebbrezza della vera acqua bianca, ma troppo preoccupata per farlo da sola, sulla Topo 2 e partiamo. “Cosa faccio?! Dove pagaio?! Andiamo a destra?! Beppeeee!!!!!”. La rassicuro: “Pagaia tranquilla e non sbilanciarti con il corpo”. Non faccio in tempo a terminare la frase che siamo arrivati… ma allora non mi sono dimenticato come si fa! Risalgo e lo rifaccio con la Diesel 60 di Elisa e non mi bagno neanche il naso… queste canoe moderne aiutano veramente.

Oramai siamo alla fine e tutto è andato bene: contiamo qualche bagno, ma senza problemi di sorta e finito tra le risate del gruppo; meno divertiti i bagnanti. Recupero dei mezzi e cena sociale sulle rive del mare (interno). Una gentile signora, che parla italiano, ci fa presente che hanno piantato gli alberi e non desiderano che si parcheggi sulla spiaggia. Legittimo, mangiamo e dopo ci spostiamo per dormire. E qui entro in azione il cuoco sociale: matricina ipercondita e tocchetti di pollo scaloppati al limone, vini vari, colomba pasquale come tradizione vuole, immersi in un tramonto da favola, con il sole che si specchia sul mare (interno) e i salmi finiscono in gloria!

Il giorno dopo si rientra. Mi sveglio presto per un paio di foto all’alba al mare (interno) e mi soffermo a pensare a questi quattro intensi giorni di canoa. Sono passati anni da quando abbiamo cominciato, ma lo spirito nomade del canoista non è cambiato. Si viaggia, si esplora, si scende in canoa, ci trova a tavola e il tutto in compagnia, condividendo queste semplici ricchezze che la vita ci offre. Grazie a tutti i compagni della spedizione in Bosnia e Croazia, in particolare al tour leader Moreno: mi hanno fatto riassaporare piaceri antiche, che avevo dimenticato.

Una notazione particolare per Daniele, ipertecnologico, che ha rimirato più il suo GPS che il paesaggio circostante, senza però mai capire bene dove si trovava.

Un’altra notazione per Tarcisio, l’uomo più buono del mondo come lo definisce Moreno e non posso che concordare. Ha sopportato l’Antonella, le sue paturnie e i suoi sproloqui per due giorni interi in canoa… solo lui poteva farcela.

Alla prossima, non so quando, ma ci rivedremo.

“Beppeeeeee!!!!”

 

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