Ovvero, ho percorso in bicicletta il Parco lungo il canale Navile.
E la canoa direte voi? Sì, lo so lo so, forse non c'entra, però sempre acqua è, fa parte della nostra storia e della nostra cultura... e poi non è vero che la canoa non c'entra. Qualche anno fa Johnny Mazzoli fu "obbligato" da Campo a scenderlo in canoa!
Non solo, nel 2007 il Canoa Club Bologna organizzò la "Bologna - Mare", o Raid del Reno e, per arrivare al mare da Bologna, si deve per forza navigare lungo il canale Navile!
Bici, Canon e via, partendo dal Porto di Bologna, di cui resta solo la Salara e la ripa del gesso, a Viale Pietramellara; sulla sinistra un piccolo tratto della terza cerchia muraria, c'è una signora in raccoglimento davanti ad un'immagine, mi avvicino e scorgo la foto di un quadro di una Madonna col Bambino, che era venerata qui... è la la Vergine avvocata dei defunti, incredibile!
Qui sorgeva la piccola chiesa del Porto di Bologna, qui il canale portuale usciva dalla città attraverso le mura!
Poi Via Bovi Campeggi, con il sostegno della Bova, dove si riuniscono il canale del Cavaticcio e il canale delle Moline a formare il Navile... azz, l'acqua non c'è e quella poca è stagnante (per manutenzione hanno chiuso il canale di Reno), non fa un buon odore e non ha un bel colore. Ma se l'acqua corresse, sarebbe tutta un'altra cosa!
Mmmhhhh, non verranno delle belle foto, torno a casa, proseguo? Son già qui, vediamo se scopro un percorso interessante. Via Carracci, e il canale riappare dopo essere passato sotto i binari della stazione, entro nel Parco di Villa Angeletti e seguo il suo corso, tra gente che corre, passeggia o va in bici: bellino, mai stato qui.
La vegetazione fascia il canale, ma diversi tratti sono visibili, arrivo alla fine del parco e attraverso via Gagarin, proseguo per via del Navile, a fianco del canale... c'è un'atmosfera tranquilla, niente traffico, case popolari ma decorose, piante e verde danno un senso di pace.
Ed ecco il sostegno del Battiferro e la centrale elettrica (cominciò a funzionare il 1 gennaio 1901) e la fornace Gallotti (ora Museo del Patrimonio Industriale).
Proseguo lungo la restara (il sentiero sull'argine del canale, su cui passavo i cavalli che trainavano le barche), anche qui gente che corre e che passeggia, sino al sostegno del Torreggiani.
Se ci fosse l'acqua non sarebbe niente male, par d'essere in campagna, poi via del Sostegno, sino al sostegno del Landi, o Sostegnazzo (è abitato, mi è parsa come una comune di comunisti 70/80enni, con cani, galline, mobili vari e carcasse d'auto in giro... fauna di canale!).
Poi sempre avanti, sino al sostegno del Grassi o Sostegnino: qui il canale si divide in due e si pedala tra due corsi d'acqua... solo che, da un lato, oggi manca.
Eccomi al Ponte della Bionda, sulle rive colonie di tartarughe, anche di dimensioni notevoli, qualche anatide e parecchi uccelletti acquatici che non conosco (ornitologo inesperto).
Sono in via dei Terraioli, traversa di via Cristoforo Colombo, avanti ancora, sino al sostegno di Corticella, ridotto a un ammasso di rovine; c'è una Madonnina incastonata in un muro, orti ben tenuti... una gran quiete.
E' ora di tornare, bel giro, veramente, se c'è l'acqua, in una giornata di sole, lo sarà ancora di più... in una mezza mattinata si va e si torna: se un sabato non c'è acqua lo riproporrò, in alternativa alla canoa.
Son tornato a casa pensando ai canali di Bologna, ai Bagni di Mario, all'Aposa, al Cavaticcio, alle Moline... nomi che mi frullavano per la testa, così ho deciso, mi son documentato e ho fatto un tour storico /fotografico sul web. Se vi interessa, proseguite.
Bologna presenta un dislivello, entro la cerchia muraria, di 39 metri (76 m. s.l.m. a Porta D'Azeglio e 37 m. s.l.m. a Viale Pietramellara), pendenza che favorisce un rapido scorrere delle acque.
Bologna è città d'acqua (forse anche per questo esiste un Canoa Club Bologna!) e i canali sono stati costruiti per collegare Bologna al Po di Primaro (Padus Primarius: era un ramo deltizio del Po che nasceva in corrispondenza di Ferrara) e alla Vale Padusa (vasta area paludosa che occupava tutto il delta del Po, poi bonificata, son rimaste le Valli di Comacchio) e di qui al mare e per alimentare le conserve d'acqua e gli opifici (tintorie, cartiere, concerie e canapifici) e fornire energia meccanica per azionare filande, gualchiere, macine, mulini, magli e segherie.
Questa rete di canali si sviluppò gradualmente tra il XII e il XVI secolo, partendo da due opere fondamentali, le chiuse di Casalecchio sul Reno e di San Ruffillo sul Savena, inizialmente necessarie per aumentare i mulini da grano e alimentare il fossato della Cerchia muraria dei Mille (la 2° cerchia, dopo quella di selenite, lunga circa 3,5 km, dotata di 18 porte, dette serragli o torresotti).
Infatti le vie corrispondenti alle attuali della Grada, Riva di Reno, Capo di Lucca, Castiglione, Rialto e la grande spianata del Mercato, aperta nel 1219 (la Piazzola, per intederci), erano caratterizzate dai canali derivati dal Reno e dal Savena. In queste strade le attività quotidiane convivevano, pericolosamente e con scarse condizioni igieniche, con quelle lavorative. Vicino alle ruote degli ordegni e agli scarichi fognari erano presenti lavatoi, guazzatoi e bagni privati. Fino ai primi decenni del XX secolo, in questi canali i popolani e le popolane attingevano acqua, lavavano i panni e gli animali, nuotavano incuranti delle proibizioni delle autorità cittadine.
Le origini della Chiusa di Casalecchio sono antiche, nel 1191 alcuni cittadini, detti Ramisani, costruirono una steccaia o pescaia, cioè una palizzata di legno e, scavando il Canale di Reno, derivarono l'acqua vero Bologna.
Inizia quindi a poche centinaia di metri a valle del Canoa Club Bologna, attraversa la Croce di Casalecchio, il ponte del Ghisello, costeggia il muro dei Certosini (la cinta della Certosa) e scompare all'altezza di via Sacco e Vanzetti. Prosegue interrato lungo Via delle Tofane e via Sabotino, per riapparire ed entrare in città alla Grada (il nome è dovuto alle due grate di ferro che impedivano l'entrata di rami e frasche, ma anche di merci e persone clandestine).
Poi scorre sotto l'Opificio della Grada (costruito nel 1691 come pellacaneria - concia di pelli - e gualchiera - per pestare panni e feltri), via della Grada (sino al 1957 attrezzata sulla riva sinistra con lavatoi pubblici) e via Riva di Reno.
Da via Riva Reno partiva una fitta rete sotterranea di condotte che distribuiva l'acqua a svariate attività produttive, alcune attive sino ai primi anni del XX secolo. I filatoi della seta erano per lo più nella zona di San Felice e San Giorgio di Poggiale (l'attuale via Nazario Sauro) e costituirono l'attività di maggior importanza economica sino al XVII secolo, quando il mercato serico entrò i crisi.
A Bologna infatti, si produceva seta di ottima qualità: la filatura, introdotta da Lucca nel 1272, fu perfezionata dal "mulino alla bolognese" (la tecnologia di questi mulini era un segreto custodito gelosamente; esistono pochissimi disegni, incompleti, che li descrivono), che consentiva di produrre filati più resistenti e di qualità, commercializzati in tutta Europa attraverso il Canale Navile.
La flotta di Bologna era notevolissima, tanto da sconfiggere quella della Serenissima nel 1271 alla Polesella, sul Po di Primaro, ed ottenere così dazi commerciali più favorevoli. Nel XVI secolo il 40% dei Bolognesi viveva grazie alla seta e nel XVII secolo erano ancora in funzione 119 mulini da seta! Ricordiamo anche che dopo la soppressione dei conventi tra via delle Lame e Borgo Rondone e di via Riva di Reno, in zona si svilupparono attività che necessitavano di acqua: la zecca e la Manifattura Tabacchi (1801)
Ma torniamo al nostro canale di Reno che, all'altezza di via Riva di Reno si divide e da qui inizia il canale Cavaticcio, che prosegue sino a Via Marconi e svolta a sinistra per via Azzo Gardino, passa di fianco alla Salara (ciò che resta del Porto Navile di Bologna) e, fuori porta, in Via Bovi Campeggi, si ricongiunge con il canale delle Moline e l'Aposa, formando il canale Navile.
Il Canale di Reno, dopo la diramazione del Cavaticcio, prosegue e attraversa Via Galliera e Via Indipendenza e riappare parallelo a Via Augusto Righi, passando sotto i ponti di via Malcontenti (detto dei Preti, perché vi passavano i condannati a morte per raggiungere Piazza del Mercato) e di via Piella (dove è conservato il torresotto di Porta Govese o dei Piella) per raggiunge Via Oberdan.
In questo tratto, che costituiva il fossato difensivo delle seconda cerchia muraria, sino ai primi anni del XX secolo gli edifici prospicienti erano dotati di lavatoi, costituiti da tavolati di legno e di botti e vasche in cui si calavano le lavandaie. Lo scivolo di accesso all'inizio di Via Augusto Righi, costruito in concomitanza con l'apertura della Piazza del Mercato, era usato come guazzatoio per abbeverare e lavare cavalli e buoi.
In Via Oberdan il canale svolta a sinistra e viene detto delle Moline, per i mulini per grano che si trovavano in Via Alessandrini e Via Capo di Lucca, caratterizzato da ben 9 salti di quota, per 15 metri di dislivello. Il Canale delle Moline prosegue passando sotto via Irnerio, per ricongiungersi sotto il piazzale interno dell'autostazione con il torrente Aposa; da qui scorre parallelo a via Boldrini per ricongiungersi in via Bovi Campeggi con il Cavaticcio.
Per aumentare la portata idrica in città, il vecchio sbarramento sul Savena (1176) fu sostituito dalla chiusa di San Ruffillo (restaurata e modificata dopo la 2° guerra mondiale). Dalla chiusa inizia il canale di Savena che, prima di entrare in città a Porta Castiglione, azionava quattro mulini (Foscherari, Parisio, Frino e Castiglione o della Misericordia, attivato nel 1286 e ancora attivo nel dopoguerra) e forniva acqua per irrigazione e riempimento dei maceri. Dopo aver attraversato via Toscana e via Murri, il canale attraversa i Giardini Margherita (1875) e ne alimenta il laghetto ed esce all'altezza della chiesa di S. Maria della Misericordia (all'inizio del secolo scorso, il tratto antistante la chiesa era dotato di lavatoi pubblici).
Entrato in città il canale si biforca tra via Castiglione e via Orfeo: un ramo prosegue per via Castiglione e l'altro (detto Fiaccacollo per la pendenza) per Via Rialto. Da questo ramo partivano altre due ramificazioni: una raggiungeva gli Orti della Viola (in riferimento alla Palazzina della Viola costruita da Annibale Bentivoglio alla fine del XV secolo) e usciva dalla cinta muraria a porta Mascarella. L'altra diramazione formava il fossato della 2° cinta muraria lungo le attuali via Guerrazzi, piazza Aldrovandi (seliciada di Strada Maggiore), via Giuseppe Petroni (detta dei Pelacani, per la concia delle pelli, comprese quelle di cani e gatti), largo Respighi e via Moline, per entrare poi nell'Aposa.
Altre due diramazioni del canale di Savena entravano in città a Porta S. Stefano, passando per via S. Chiara e sotto la canonica di S. Giuliano e si riunivano in Strada Maggiore per confluire a Porta Mascarella nelle canalette degli Orti della Viola.
E' l'unico corso d'acqua naturale, conosciuto sin dall'età del ferro, che attraversa la città da sud a nord, attorno al quale sono nati i primi nuclei abitativi dell'etrusca Felsina nel IV secolo A.C., da cui poi si è sviluppata la romana Bononia.
Era destinato alle attività dei conciatori, dei cartolai e dei tintori e successivamente all'alimentazione dei battocchi e all'irrigazione degli orti e come smaltitore delle acque fognarie.
Nasce da alcuni rii che scendono da Monte Paderno, in località Roncrio, e scende lungo via San Mamolo, raggiunge via Bellombra e attraverso la SS Annunziata arriva in viale Panzacchi ed entra in città attraverso il serraglio dell'Aposa (3° cerchia muraria), tra porta Castiglione e Porta S Mamolo. Passa sotto Viale XII Giugno, Via de' Poeti, Via Farini e Piazza Minghetti, incrocia via Clavature, via Caprarie e via Rizzoli, lambendo le due torri, presso le quali l'antica Via Emilia romana, ora interrata, scavalca il torrente con un ponte oggi ancora in parte esistente, benché sotterraneo. Poi attraversa il ghetto, Via Marsala e poi giù, oltre via delle Moline, per confluire nel canale delle Moline sotto il piazzale interno dell'autostazione.
E' stato costruito completamente in galleria (roccia o terreni rinforzati) nel I secolo a.c., probabilmente da Augusto (è stato attribuito a lungo a Caio Mario e chiamate "Acquedotto Mario"), è lungo 18 chilometri, con un dislivello di soli 18 metri. Prendeva acqua dal fiume Setta a Sasso Marconi, passava da Casalecchio di Reno e sotto il Colle della Guardia e la convogliava sino a raggiungere l'Aposa sotto palazzo Pizzardi (angolo via Farini e via D'Azeglio), dove schiariva in una vasca di decantazione, prima di essere distribuita in città e alle terme grazie alle fistulae aquariae (tubi di piombo).
Ai tempi dei Romani la portata era di 35.000 metri cubi al giorno, sufficienti per una città di 25/30.000 abitanti. L'acquedotto fu utilizzato sino al Medioevo, poi dimenticato ed interrato; solo dopo l'unità d'Italia, grazie all'ingegner Zannoni e al conte Gozzadini, fu rimesso in funzione nel 1881 e ancor oggi è funzionante e contribuisce ai bisogni della città.
Nome dato erroneamente alla cisterna di Valverde, una conserva d'acqua rinascimentale costruita fuori Porta San Mamolo nel 1564 dall'architetto Tommaso Laureti, per alimentare la fontana del Nettuno ed altre fontane pubbliche.
E' un complesso idraulico costituito da una sala ottagonale ornata da affreschi e bassorilievi rinascimentali, da quatto condotti ciechi con le volte a sesto acuto e da tre conserve d'acqua collegate tra loro. Nonostante il nome, non ha mai avuto funzioni termali.
La navigazione alla volta del Po e quindi a Venezia e ai mercati internazionali, tra paludi e canali, é un'antica consuetudine. Il primo porto di Bologna si trovava a Corticella, poi fu spostato alla Piscariola (oggi Selva di Pescarole) e quindi, nel 1248, fu utilizzato il porto del Maccagnano (l'attuale sostegno della Bova), vicino alle mura cittadine; dopo pochi anni si interrò e non fu più utilizzabile.
Nel 1491, su ordine di Giovanni II Bentivoglio, fu costruito un nuovo porto, vicino alla città, appena fuori porta Galliera. Purtroppo il Navile aveva una pendenza eccessiva, il che determinava l'erosione delle sponde e l'interramento del fondo; per rimediare furono costruiti due rudimentali sostegni, con porte di legno, Battiferro e del Grassi, ma anche queste opere si dimostrarono insufficienti e già nel 1515 il tratto tra Bologna e Corticella non era più percorribile, per cui il porto fu spostato in questa località.
Nel 1548 l'architetto Jacopo Barozzi, detto il Vignola, costruì un porto entro le mura, vicino a porta Lame (l'attuale Via Zamboni, di fianco al Mambo). La darsena era lunga 76 metri e larga 11 e vi potevano attraccare tre barche affiancate. Il Vignola rifece anche i sostegni di Corticella, del Battiferro e del Grassi e costruì quelli della Bova, del Landi e del Torreggiani (i sostegni sono delle chiuse, che utilizzano il sistema delle "porte vinciane", che si aprono contro corrente e utilizzano la pressione dell'acqua per chiudersi efficacemente).
Tra il 1580 e il 1583 la Gabella Grossa fece costruire un piazzale per il transito dei carri, un riparo per le merci, un deposito per il sale, la dogana, la cosa del custode (il carenarono, custode della grada e della catena del porto, che impediva il passaggio delle barche che non avevano pagato il passaggio, tirando una catena tra i due lati del canale), la stalla per i cavalli i buoi che trainavano le barche, l'osteria, un deposito del legname e un deposito del gesso, che Bologna esportava, estraendolo dalle colline ricche cave di selenite.
Nel secolo successivo fu costruita una chiesa, dedicata al SS Crocefisso posto all'interno delle mura, detta S. Maria avvocata dei defunti. Nel settecento furono costruiti gli alloggi per i soldati, le banchine e un nuovo magazzino per il sale (la Salara, a oggi conservata) e uno per il grano.
Nel XIX secolo, con l'avvento della ferrovia, il porto perse via via la sua importanza: fu utilizzato sin al 1934, anno in cui fu demolito (si è salvato l'altorilievo della Madonna col Bambino ed Angeli, dal 1667 sulla facciata della dogana, oggi a Palazzo D'Accursio).
Nel 1208 iniziò la costruzione del canale, il cui percorso venne ripreso dal Vignola trecento anni dopo. Fino a metà del XXVIII secolo il tratto da Bologna al Po si divideva in due tratti.
Navigazione superiore, da Bologna a Malalbergo, 36 chilometri che venivano percorsi con barche trainate da buoi o cavalli. A Malabergo esisteva una stazione di sosta, una locanda malfamata, da cui nacque il nome del paese.
Navigazione inferiore da Malalbergo a Ferrara, attraverso le paludi: merci e passeggeri passavano su barche a fondo piatto che venivano spinte a remi dai barcaioli. Nel 1775 fu costruita una chiusa a Malabergo, per cui non fu più necessario cambiare imbarcazione.
A Ferrara si passava su barche più grandi, spesso a vela, per arrivare a Venezia.
La portata del Navile era scarsa, la navigazione assicurata per 7/8 mesi all'anno e impossibile d'estate. Le barche pescavano poco, poco più di un metro, avevano due prue per navigare nelle due direzioni, lunghe dai 6 ai 10 metri e larghe al massimo 3 metri. Il viaggio era scomodo, le barche spesso sporche, il viaggio lungo (quasi 4 ore sino Corticella, dovendo superare diversi sostegni e 7 ore per arrivare a Malalbergo) e di frequente si veniva derubati.
Il canale Navile inizia alla Bova, dove si riuniscono il Cavaticcio e il canale delle Moline, che ha raccolto le acque dell'Aposa, in Via Bovi Campeggi. Poi arriva in via Carracci e, seguendo un percorso tra via Beverara e dell'Archeggio, giunge a Corticella. Per superare il dislivello, le barche utilizzavano 6 sostegni (o conche; Bova, Battiferro, Torreggiani, Landi, Grassi e Corticella), che erano forniti di una casa di manovra per la chiusura e l'apertura delle porte e di un tornacanale laterale, con una paratoia, che alimentava il canale a valle. Nel tempo le paratoie a ghigliottina vennero sostituite dalle "porte vinciane".
Per consentire il passaggio dei cavalli, che sull'argine del canale trainavano le barche, dove si ricongiungono i due rami nei quali si divide il Navile dopo il sostegno del Grassi, sul Canalazzo, non navigabile, fu costruito nel 1686 il Ponte Nuovo, chiamato dal popolo il Ponte della Bionda. Da qui il Navile raggiungeva il sostegno di Corticella e quindi Bentivoglio e poi Malabergo, per immettersi poi nel Canal Morto, all'inizio della navigazione inferiore.
Oggi il canale Navile confluisce nel fiume Reno tra Malabergo e Gallo.
La Federazione Italiana Canoa Kayak ha attivato sul proprio sito la piattaforma per le segnalazioni attinenti il Safeguarding Policy.
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